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Buona la prima

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Sono qui, in un freddo mattino di gennaio. Con le ruota anteriore esattamente fra l’uno e il nove della testata Nord. Guardo tutta la pista (sarà meglio tenermi sulla destra per evitare il pantano), guardo la manica a vento immobile (si sarà congelata stanotte?).


Barra avanti, indietro, di qua, di là (ok, nessun ostacolo, ma che ostacolo ci potrà mai essere al movimento dell’ala? Mica i corvi fanno il nido nel rocchetto!). Un ultimo sguardo in cielo (nessuno, chi vuoi che voli stamattina a 3°C?). E’ ora di andare.

Barra al petto, piede tutto giù (orcavacca come accelera!), barra avanti e sono già in aria (occhio che tira a sinistra), correggo per stare in asse (orcavacca come sale, ho i piedi davanti agli occhi!). Controllo il Digifly: a tre quarti di pista ho già 100 metri di quota. Esco in controbase destra (olalà, sono già alla quota di crociera), stabilizzo a 120 metri AGL, riduco altrimenti salgo ancora e arrivo in finale troppo alto (ma guarda, mantengo la quota con soli 4000 giri a barra neutra).

Sguardo perso, il paesaggio è fiabesco, c’è uno straterello leggero leggero di foschia mattutina sotto di me (4000 giri stabile e livellato), è ondulato, passa tra le case e gli alberi, avvolge morbido  le collinette e si mischia con il fumo che sale dritto dal solito camino (brrr che freddo, fortuna non tira un filo di vento). Stupendo, sembra di essere in una sceneggiatura di Tonino Guerra: l’aria è quella roba leggera che ti gira intorno alla testa e diventa più chiara quando ridi (vorrei avere uno specchio per vedere la mia faccia).

Il camino? Cucchiarola, è ora di portarmi in finale, viraaaaaaa! Ok, sono quasi sopra la strada e ho ancora 100 metri da smaltire. Via il gas e vediamo come scende a barra neutra: un occhio al 19, un occhio al filo telefonico al traverso, un occhio al 19, uno al filo (ci passo ci passo, anzi sono alto), muovi la barra, occhio al filo, sono alto, tiro un pelo la barra (occhio che va a destra), correggo con un colpetto (va beh, a destra è più asciutto, magari però lo raddrizzo), adesso è ora di raccordare, (apri la barra), galleggio, galleggio (un po’ troppo a destra però, apri, apriiiiii, frenaaaaaa….).

Arrivati un po’ in là nella vita, se uno ci pensa, ci sono state un sacco di “prime volte”. Qualcuna la si ricorda con piacere, qualcuna è meglio non dimenticarla se non vuoi litigare con tua moglie.

Quando l’istruttore scende e ti dice: ”Per me puoi andare da solo” e ti da le istruzioni necessarie, tu lo sai che puoi farlo. E non lo potrai dimenticare. Ma per esserne sicuro sapete cosa ho fatto? Con un’occhiata ci siamo capiti al volo: “Vai, vai”.

Ho rimesso la ruota sul 19 e alzato gli occhi (nessuno, chi vuoi che voli stamattina). E ho ridato gas. Perché repetita juvant (perché do is mei che uan)!

PS: mi trovo alla tredicesima lezione di volo, circa sette ore. Prima del “solo flight” abbiamo sorvolato le colline alla vana ricerca di un po’ di turbolenza, poi ci siamo dedicati ad una serie di circuiti con ripetuti touch and go. Infine il via libera: “E’ la giornata giusta, vai da solo. Attento che il comportamento, soprattutto in finale, cambia….fai così, fai cosà…” E tu già pensi che ti girerai e lui non ci sarà dietro.

E chi se lo dimentica!

(29 gennaio 2013)

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